04 Gennaio 2017
Sono tornato dall'Intel Summit 2016 rafforzando due mie convinzioni: avere consapevolezza dei processi dell'industria tecnologica è indispensabile per inquadrare ogni prodotto e raccontare tali processi, utilizzando un linguaggio chiaro e scevro da tecnicismi, quando non strettamente necessari, è una buona pratica che gli addetti ai lavori - ad ogni livello - dovrebbero seguire. Da questo ultimo punto di vista, l'esperienza è stata positiva, grazie all'approccio lungimirante usato da Intel per fare il punto sulla sua rinnovata strategia commerciale. Se sfugge il passaggio in apertura, il rischio è quello di tornare in redazione con una marmellata di termini hi-tech, come cloud, IoT, digital transformation, industria 4.0, indubbiamente molto utili da sfoggiare con amici e colleghi (se li usa, è "uno che sa") e da utilizzare per rendere più accattivanti articoli con l'illusione che qualcuno li leggerà con interesse. L'altro rischio è che, limitandoci a snocciolare dati avulsi dal contesto e a pasticciare comunicati stampa, non faremo qualcosa di realmente utile per i nostri lettori (né tanto meno per chi ci paga inviandoci agli eventi con la speranza che non ci limiteremo ad ingozzarci al buffet).
Raccontare correttamente quello che oggi l'industria hi-tech sta vivendo, anche a chi non segue assiduamente il suo corso, rende necessario partire da una premessa di base: nei mercati maturi, Europa compresa, le vendite dei prodotti tecnologici da più tempo sulla breccia sono in crisi. Tradotto: le vendite di PC sono in calo, le vendite dei portatili premiano principalmente i dispositivi più innovativi, come i 2-in-1, il segmento smartphone è ormai saturo. Una situazione che incide negativamente su tutti le aziende dalla filiera: esempio banale, se non si vendono PC, non si vendono nemmeno più licenze per l'utilizzo del sistema operativo. Sono cose che gli addetti ai lavori conoscono ormai da tempo e che gli utenti più informati, di conseguenza, sanno. Quello che forse non ancora tutti sanno è che il settore è tutt'altro che rassegnato allo status quo e che il Cloud e l'Internet delle Cose sono la valvola di sfogo di un sistema che, diversamente, continuerebbe a galleggiare in attesa di improbabili miracoli.
Alla staticità dei business tradizionali dei colossi tecnologici, infatti, si contrappone un moto di cambiamento - rifocalizzazione, per usare un termine più corretto - che sta attraversando in maniera trasversale tutti i player del mercato. Un moto circolare, per l'esattezza, il circolo virtuoso della crescita innescato dal Cloud e dall'IoT che Maurizio Riva, nuovo Country Manager di Intel Italia, ha presentato a chi ha preso parte al Summit. Ora, se siete semplici utenti finali 1.0, un respiro profondo e, dopo aver spiegato cosa è, cerchiamo di capire come mai anche voi, oggi, e spesso senza saperlo, siete immersi in questo moto e perché dovreste essere quanto meno consapevoli del processo.
Sarà per la mia predilezione all'approccio pragmatico, ma non trovo altri punti di partenza per chiarire il motivo per cui aziende come Intel e Microsoft stanno cambiando e non sono più (solo) come le avete conosciute negli ultimi anni. Intel = Processori, Microsoft = Windows, sono equazioni ancora valide, ma non più in grado di delineare in maniera omnicomprensiva il profilo dei due grandi brand. Il mio punto di partenza coincide con 151 miliardi di dollari, tanto è il fatturato che, si stima, il mercato dell'IoT avrà entro il 2020. Un dato richiamato da Intel stessa, unitamente a quello delle previsioni sul numero di dispositivi connessi che arriverà a 50 miliardi entro la medesima data. Fare due più due non è complicato: da un lato business maturi o in difficoltà, dall'altro un'enorme boccata d'ossigeno pronta ad essere incanalata nella filiera produttiva. Voi cosa scegliereste?
Bill Gates sognava un PC su ogni scrivania, il sogno si è avverato, ma le scrivanie sono finite. Oggi, ed è un dato ribadito con grande enfasi nel corso dell'Intel Forum 2016, ogni oggetto può diventare smart - ovvero, ogni oggetto può integrare un hardware, può far girare un software, acquisire dati, inviarli a centri di elaborazione remoti ed in tutto questo produrre valore aggiunto per chi lo utilizza. Associate ogni pezzetto del puzzle (hardware, software, stoccaggio dati, ed elaborazione dati) ad un gruppo di aziende che si occupano di realizzarlo ed otterrete i contorni del circolo virtuoso, comprendendo perché brand piccoli e grandi hanno tanto a cuore il nuovo business del cloud e dell'IoT.
C'è da aggiungere che oggi, la riduzione dei costi di sensori, larghezza di banda ed elaborazione sono nettamente calati rispetto a dieci anni fa, quindi è possibile accelerare il processo di acquisizione, raccogliere un maggior numero di dati e, soprattutto, trasformarli in qualcosa di utile per l'utente. Migliaia di cloud, che forniscono milioni di servizi, connettendo miliardi di dispositivi. Il traffico dei data center raddoppia ogni 12 mesi. Ok, vi ho impressionato, (confesso, ho letto la slide della cartella stampa), ma la cosa che mi sta a cuore è rispondere alla domanda del perché il consumatore finale - l'appassionato di smartphone, chi ha ancora una bell'assemblato sotto la scrivania, il moderatamente immerso nel mondo della tecnologia - dovrebbe avere consapevolezza del processo e dei temi discussi all'Intel Summit 2016.
Sia Intel, sia Microsoft, sia tutte le altre aziende partecipanti al Summit mi hanno dato argomenti molto convincenti. Intel, nel sintetizzare i capisaldi dall'attuale strategia, ha cambiato approccio rispetto alle precedenti edizioni: non parte più dal prodotto fine a se stesso (abbiamo presentato x processori che sono x più veloci dei precedenti), ma pone particolare enfasi sulle opportunità di crescita che Cloud e IoT offrono ad ogni livello. Le parole identificano concetti astratti, se non si sommano ad esempi concreti ed in questo bisogna ringraziare Intel e i suoi partner per avere offerto testimonianze significative che dimostrano un primo dato: il circolo tra cloud e IoT è effettivamente virtuoso, perché produce opportunità prima inesistenti e lo fa dando ampio spazio a realtà italiana ed europee.
Aruba che, tra le tante attività, si prepara ad inaugurare nella primavera 2017 un nuovo datacenter in un campus di 180.000 metri quadrati alle porte di Bergamo (Ponte San Pietro), Texa, azienda trevisana impegnata nel settore dell'automotive con un tablet rugged basato su CPU Intel, Seco protagonista del mercato delle community board (stile Arduino e Raspberry Pi, per intenderci), Brain, una startup che ha sviluppato Dose, un sistema di telemetria per moto, Smarthesia impegnata sul fronte domotica.
Tutti esempi concreti di aziende che hanno già cavalcato l'onda del nuovo business e che - a costo di peccare di campanilismo - rappresentano motivo di orgoglio per l'Italia. Sapere che, grazie a cloud e IoT, la spinta all'innovazione può partire dall'Italia e dall'Europa, spezzando o limitando le dipendenze dai mercati extraeuropei, rappresenta un'iniezione di fiducia per chi sceglie di continuare ad investire risorse nel nostro Paese. Dato che le mie possono risultare sterili chiacchiere, invito a consultare i siti ufficiali delle aziende citate (basta un click sui link sopra), per conoscere quello che queste aziende italiane fanno e come lo fanno.
E arriviamo, last but not least, a Microsoft. Che avesse investito tutto il suo futuro sul cloud ve lo avevo già detto, ricordate? Il concetto è stato ribadito con forza da Roberto Andreoli, Direttore della Divisione Cloud & Enterprise di Microsoft durante l'Intel Forum 2016. Nel precedente report avevo sintetizzato gli ultimi 12 mesi di Microsoft, ma la partecipazione all'evento Intel arricchisce il quadro e colloca con chiarezza il contributo dell'azienda nel contesto delle sinergie create con tutte le altre parti della filiera Cloud-IoT.
Particolarmente importante è la distinzione tra dati e informazioni a cui Andreoli ha più volte accennato nel corso del Summit. E' questo processo di trasformazione, infatti, il punto nodale dell'azione di Microsoft. I due concetti possono risultare affini, ma non lo sono: i dati - si esattamente i dati grezzi raccolti da miliardi di dispositivi connessi - sono ben poca cosa se non sono sottoposti ad un processo di sintesi che li trasforma in informazioni rilevanti per l'utente. E ciò è ancor più vero in un contesto in cui, come detto, la quantità di dati cresce a dismisura.
Banalizzando: una cosa è avere un hard disk con Terabyte di foto documenti e immagazzinati (dati grezzi), altra la capacità di estrarre, quando serve, la foto o il documento rilevante per l'attività che si sta svolgendo. Per sintetizzare i dati e trasformarli in qualcosa di più utile Microsoft utilizza la piattaforma cloud di Azure, ricorre a sofisticate tecniche di machine learning e di intelligenza artificiale, sviluppa tecnologie per l'analisi dei Big Data. Che si tratti di una foto delle vacanze o di report sul fatturato di una grande azienda, la tecnica di base è la medesima. E, per non perdere di vista l'aspetto pragmatico della vicenda, è utile ricordare che l'informazione ha un valore economico più elevato di un dato grezzo.
Ok, non vi ho ancora risposto del tutto alla domanda del perché anche l'utente consumer dovrebbe iniziare a prendere consapevolezza della direzione che sta assumendo l'industria tecnologica. O forse vi ho risposto e non ve ne siete accorti. Si, perché il processo di cambiamento opera in background, è già attivo in questo momento, mentre utilizzate una delle app installate sullo smartphone che sincronizza i dati con un server remoto, mentre - senza forse nemmeno saperlo - portate avanti la vostra attività lavorativa seguendo il modello dello smart working, lavorando in mobilità ed avendo accesso ai vostri documenti da qualsiasi luogo, è in atto mentre programmate da remoto il vostro sistema di illuminazione smart, il termostato intelligente, la smartband che raccoglie i dati degli allenamenti e dice come renderli più efficaci.
Intendiamoci, questa è la punta dell'iceberg, sono esempi spiccioli ma se ne possono fare molti altri: dai trasporti, al settore salute, dalla produzione di energia, alla manutenzione predittiva di un qualsiasi impianto, dal settore retail, alle smart cities. Direttamente o indirettamente oggi molti di noi accedono a servizi (li chiamano ''esperienze", ma preferisco qualcosa di più tangibile) che non sarebbe possibile sfruttare senza la ''nuvola", i dispositivi smart che trasmettono dati verso di essa e le tecnologie per elaborarli e trasformarle in informazioni.
Se non siete ancora soddisfatti, vi basti sapere che il cammino è ancora ricco di traguardi da tagliare. Un dispositivo smart sarà pienamente tale quando l'industria completerà le tre fasi rendendoli connessi, intelligenti e autonomi. Al momento, le aziende impegnate nel settore si stanno concentrando con particolare impegno sulla seconda e iniziano a sperimentare le applicazioni legate alla terza. Connettere alla rete un qualsiasi dispositivo non è più un problema. Create le ''sinapsi',' diventa poi opportuno istruire la macchina per raggiungere l'ultima fase, ovvero la capacità di svolgere in autonomia i compiti assegnati - si pensi alle vetture senza conducente. E' questo un processo di cambiamento dell'industria tecnologica difficilmente reversibile per le premesse fatte in apertura, una rivoluzione che, in prospettiva, avrà un impatto ancora maggiore rispetto a quello che ha avuto l'arrivo della smartphone.
Chiudo con la frase "aiutare le persone a vivere meglio e aiutare le organizzazioni ad essere più produttive". L'ha pronunciata Roberto Andreoli, in occasione dell'Intel Summit 2016, chiarendo qual è l'obiettivo ultimo di Microsoft nel momento in cui sviluppa nuove tecnologie. Non è forse questo lo scopo ultimo che ci porta ad utilizzare quotidianamente un prodotto hi tech? Che sia il tradizionale smartphone o un nuovo dispositivo indossabile, che lo facciamo per diletto o per lavoro, la finalità della tecnologia resta la medesima. Se, a volte, quella del cloud e dell'IoT vi sembra una rivoluzione ''silenziosa'', sol perché il backend degli smart device viene gestito nella nuvola a chilometri di distanza da noi, non perdiamone di vista la portata. Ci aiuterà anche a comprendere come stanno cambiando i big del mercato che conosciamo da anni ed a leggere nella giusta prospettiva gli annunci dei mesi a venire.
Commenti
e anche questa settimana salvator3 ci salva con i suoi articoli lunghi, esaurienti e di qualità ;)